Direttiva CSRD: una svolta per il futuro sostenibile delle Imprese

La direttiva 2022/2464/UE (c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive, abbreviato CSRD) si inquadra nell’ambito del Green Deal Europeo e ha lo scopo di promuovere la trasparenza e la divulgazione di informazioni da parte delle imprese riguardo agli impatti ambientali, sociali e legati alla governance (ESG) delle loro attività, attraverso un rafforzamento degli obblighi di reporting da parte delle imprese.

Negli ultimi anni, la sostenibilità è diventata una priorità strategica per le aziende, spinta dall’esigenza di affrontare le sfide globali legate al cambiamento climatico, ai diritti umani e alla governance aziendale. Con questo obiettivo, l’Unione Europea ha varato una nuova normativa: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sulla rendicontazione societaria di sostenibilità. Se infatti si vuole raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, è necessario creare un sistema economico-finanziario più sostenibile, all’interno del quale le imprese devono diventare più consapevoli e responsabili del proprio impatto sulle persone e sull’ambiente.

Ma quali sono i reali effetti di questa direttiva per le imprese?

La CSRD segna un cambiamento di paradigma, introducendo requisiti stringenti e ampiamente estesi, con l’intento di trasformare il reporting sulla sostenibilità da un esercizio formale a un elemento essenziale della strategia aziendale che renda chiaro come i fattori di sostenibilità influenzino lo sviluppo, la performance e la posizione commerciale dell’azienda (la prospettiva “inside-out”) e come le attività dell’azienda impattino sulle persone, sulla società e sull’ambiente (la prospettiva “outside-in”), secondo il principio della Doppia Materialità o Doppia Rilevanza.

Vediamo i dettagli della direttiva.

 

Dal reporting non finanziario alla CSRD: cosa cambia?

Prima dell’introduzione della CSRD, la Non-Financial Reporting Directive (NFRD) obbligava solo le grandi aziende a fornire informazioni di carattere non finanziario. Tuttavia, la CSRD ha esteso questo obbligo a una gamma molto più ampia di imprese, comprendendo dal 2026 anche molte medie aziende e piccole imprese quotate in borsa.

L’allargamento alle PMI quotate ha lo scopo di migliorare la trasparenza delle attività sostenibili e di garantire che un numero maggiore di organizzazioni sia responsabile nei confronti dei propri impatti ambientali e sociali. La sostenibilità, infatti, non è più un tema riservato alle grandi corporazioni, ma una responsabilità collettiva che coinvolge una rete di attori di varie dimensioni.

Inoltre, la scelta di ampliare il panorama dei soggetti coinvolti è strategica perché, si spera, genererà un effetto a catena sui soggetti al momento non coinvolti dalla direttiva: anche le società non quotate potrebbero infatti adottare su base volontaria una rendicontazione della loro sostenibilità per mantenere la loro competitività sul mercato.

 

Le tempistiche da conoscere

La direttiva prevede diversi scaglioni per l’entrata in vigore effettiva; eccoli:

  • dal 1° gennaio 2024 sono state interessate grandi imprese di interesse pubblico, con più di 500 dipendenti;
  • dal 1° gennaio 2025: tutte le altre grandi imprese (ovvero le imprese che rispettino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
  • dal 1° gennaio 2026: PMI quotate (escluse le microimprese);
  • dal 1° gennaio 2028: società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a € 40 milioni nell’esercizio precedente.

 

Nuovi standard di reporting e maggiore dettaglio

Uno degli aspetti più rivoluzionari della CSRD è l’introduzione di nuovi standard di rendicontazione uniformi, allineati agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS). L’obiettivo è rendere i report delle imprese più standardizzati e comparabili, permettendo agli stakeholder di analizzare in modo più accurato le performance sostenibili delle aziende.

Le informazioni che le imprese saranno tenute a divulgare non riguardano solo i gas serra o il risparmio energetico, ma includono anche temi come la gestione delle risorse naturali, la tutela dei diritti umani e le pratiche di governance. Questo aumento del livello di dettaglio riflette l’evoluzione del concetto di sostenibilità, che ora abbraccia un approccio più completo e interconnesso. In particolare, il rendiconto dovrà contenere le seguenti informazioni:

  • la gestione dei rischi e delle opportunità legati alle questioni di sostenibilità;
  • i piani dell’impresa, incluse le azioni attuative e i relativi piani finanziari e di investimento volti a garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile;
  • le modalità con cui il modello e la strategia tengono conto degli interessi degli stakeholder rilevanti;
  • le modalità di attuazione della strategia della sostenibilità;
  • la descrizione degli obiettivi ESG individuati dall’impresa e dei progressi nel loro raggiungimento;
  • la descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG e informazioni sull’esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità;
  • la descrizione delle politiche di sostenibilità dell’impresa;
  • la descrizione delle procedure di due diligence di sostenibilità;
  • la descrizione dei principali impatti negativi, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore e delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti, nonché per prevenire e mitigarne gli effetti;
  • la descrizione dei principali rischi connessi alle questioni di sostenibilità e le modalità di gestione adottate;
  • indicatori e KPI per tutte le precedenti informazioni.

 

La verifica esterna e l’integrazione nei bilanci

Un’altra importantissima novità introdotta dal CSRD è la richiesta di una verifica esterna dei dati di sostenibilità, garantendo che le informazioni presentate siano affidabili e verificate da terze parti indipendenti. Questo passaggio non solo aumenta la fiducia degli investitori e dei consumatori, ma promuove una maggiore responsabilità all’interno delle aziende.

Inoltre, le informazioni relative alla sostenibilità non saranno più relegate a documenti separati, ma diventeranno parte integrante dei bilanci annuali. Questo riflette il ruolo centrale che la sostenibilità ha acquisito nella valutazione delle performance aziendali, rendendo chiaro che un buon impatto ESG è direttamente legato alla salute finanziaria e operativa delle imprese.

 

I costi della sostenibilità: ostacoli o investimenti?

Veniamo all’impegno finanziario. L’adeguamento ai nuovi standard della CSRD potrebbe infatti comportare per molte aziende dei costi operativi non indifferenti, legati alla raccolta dei dati, alla verifica esterna e alla formazione del personale. Tuttavia, questi costi dovrebbero essere visti come un investimento strategico.

Una maggiore trasparenza nelle pratiche sostenibili può infatti migliorare l’accesso a finanziamenti green e attrarre investitori socialmente responsabili, sempre più attenti a come le imprese gestiscono i propri impatti ambientali e sociali. Inoltre, per molte aziende, l’implementazione di politiche sostenibili rappresenta un vantaggio competitivo, in un mercato globale dove i consumatori e le normative premiano chi adotta strategie ecologiche e responsabili.

 

Un vantaggio competitivo per le aziende visionarie

Insomma, mentre alcune imprese potrebbero percepire la CSRD come un obbligo oneroso, altre stanno cogliendo l’opportunità di differenziarsi nel mercato. La rendicontazione sostenibile diventa un mezzo per consolidare la reputazione aziendale, accrescere la fiducia degli stakeholder e migliorare la gestione delle risorse interne.

L’integrazione di criteri ESG nelle strategie aziendali offre inoltre alle imprese un’opportunità unica per anticipare le tendenze normative e garantire una crescita sostenibile nel lungo termine: e non si tratta solo di conformità normativa, ma di allinearsi alle aspettative di un mercato che guarda sempre di più a come le aziende influenzano il mondo che le circonda.

 

 

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